17 marzo 2007
Dal Consiglio Pastorale Parrocchiale ...
1. Scelte di fondo
COME, GENERALMENTE, VIENE CONSIDERATO IL MONDO GIOVANILE NELLA NOSTRA PARROCCHIA?
Catalogare il mondo giovanile in un’unica e uniforme risposta, non è pratica realizzabile. Il Consiglio Pastorale in questione, infatti, assemblaggio delle più varie estrazioni esperienziali e generazionali, non può avere un’unica visione del mondo giovanile.
Capovolgendo, però, tale considerazione si scopre un altro sentore: è lo stesso mondo giovanile ad essere vario e soggetto alle più molteplici sfumature esistenziali che non permettono di riconoscerlo. Rinchiuderlo in un’unica definizione vorrebbe dire privarlo della sua ricchezza, della sua energia, della sua versatilità, della sua sensibilità; vorrebbe dire inaridirlo mentre arido non è.
La prima delle poche cose comuni espresse è l’ampia definizione in cui far rientrare i “giovani”: dovrebbero essere quelle persone che vivono gli anni in cui prendere coscienza delle proprie responsabilità.
Sviluppando questo concetto ci si accorge curiosamente che ogni componente del CPP sa decisamente definire le caratteristiche appartenenti ai giovani, ma ben pochi consiglieri vi assegnino le stesse. Ed inoltre, esse sono estreme, mai mediocri. Se il mondo giovanile lascia vedere tali differenze, se ne può rilevare il patrimonio.
Il CPP vede, quindi, queste contrapposizioni: un giovane è irresponsabile, poco impegnato, dipendente da troppi fattori, suscettibile, variabile a seconda dell’ambiente. Ma esso racchiude un germoglio positivo di freschezza, il giovane non è mai pago, essi sono “possibilità”.
La seconda e fondamentale idea comune nell’ambito del CPP è che non si può parlare di mondo giovanile senza tirare in ballo il mondo cronologicamente successivo: gli adulti. E’ emersa in modo preponderante l’influenza che “i grandi” hanno sul giovane. Non si legga qui solo l’ambito genitoriale, ma una vera e propria esistenza giovanile che sembra solo il riflesso dell’agire adulto.
I giovani non si assumono responsabilità ma perché gli adulti li viziano.
I giovani disturbano ma perché la loro energia inquieta l’equilibrio adulto.
I giovani non si aprono agli adulti, ma perché gli adulti non li ascoltano.
I giovani sono, banalmente, tutto ciò che per età o esperienza, è inferiore agli adulti.
I giovani non occupano ruoli chiave del mondo perché non sono intraprendenti, ma anche perché gli adulti o sono “grandi vecchi”, o non liberano il ruolo chiave.
I giovani non hanno passioni, bloccandosi quindi le potenzialità, ma perché gli adulti non testimoniano l’essere appassionati.
Nell’intreccio giovani-adulti, però tre punti meritano una sottolineatura, perché considerati luoghi comuni mai smentiti, equivoci determinanti nel considerare il mondo giovanile:
· I giovani sono il futuro. Ma non si rileva mai che sono anche il presente.
· Tutti vengono interpellati sui giovani. Esclusi i giovani.
· I giovani vivono il famigerato “Disagio giovanile” o addirittura essi sono il “disagio”. Che non è mai però letto come prodotto del “Caos adulto”.
Si ritiene che gli adulti manifestino stanchezza nei confronti dei giovani e, perciò, rispondano combinando i loro bisogni invece di agire con l’educazione (cura blanda invece di prevenzione). Si precisa che tutto ciò non vuole essere una colpevolizzazione del mondo adulto, ma una rilevazione. Probabilmente la situazione attuale è dovuta al fatto che gli adulti provengono da una cultura “statica” ma in pochissimi anni si sono trovati catapultati in un mondo sin troppo “dinamico”, che produce questi giovani.
Probabilmente è giunto il momento di iniziare a dare una lettura composta dal mondo giovane e da quello adulto, non tenendoli più separati nelle analisi.
LA PARROCCHIA E’ IN GRADO DI PORTARE ALLA CONOSCENZA E ALL’INCONTRO CON CRISTO?
Dovrebbe.
Questa la parola che di riflesso tutti hanno sibilato alla promulgazione del quesito. E’ doveroso rilevare come questa domanda abbia provocato notevole convergenza di opinioni: è presente un’insoddisfazione comune sull’operato della Chiesa (nella domanda, infatti, è risultato subito limitante il termine “parrocchia” scegliendo di rispondere andando oltre la Chiesa locale). Ciò non sempre è compensato dalla forza di agire della componente laica per un miglioramento.
Infatti la Chiesa, in questo momento storico da intendersi soprattutto come Clero, si ritrova con la preoccupazione di inculcare Cristo e, per farlo, agisce molto tecnicamente e molto poco evangelicamente. Se ciò bastasse, la risposta alla domanda sarebbe un “sì” senza esitazioni, soprattutto verso quei giovani a cui riesce ad arrivare.
Invece, dovrebbe riconoscersi la responsabilità di non saper sempre esser testimonianza di Gesù con i fatti, l’esempio, le relazioni, l’accoglienza, il dono di sé, i sentimenti, l’educazione. Pare siano rimaste le regole cattoliche e sia molto offuscato il messaggio di Cristo.
Nel CPP si rileva il desiderio di un Cristo camuffato nella vita, piuttosto che un Cristo imposto a parole, a “questo si può fare” e a “questo non si deve fare”. La Chiesa non è più educatrice, formatrice di spiritualità e valorizzatrice di coscienze.
Queste considerazioni sono pesanti ma espressione del pensiero del CPP.
Che non si esula, però, dalle proprie responsabilità in merito: i laici si sentono, e forse sono, ancora troppo immaturi per sostenere e proclamare la misura evangelica, puntualmente delegata ai preti. Clero, però, che a sua volta tiene ben saldo il potere decisionale della Chiesa intera.
Riducendo geograficamente il discorso alla Parrocchia, è importante far notare come la presa di coscienza di una Chiesa più laicale, abbia ottenuto qualche risultato in ambito Azione Cattolica Giovani.
Infine, il CPP focalizza le basi per l’incontro e la conoscenza con Cristo all’interno della Famiglia: se essa per prima non si rinnova e diventa educatrice del messaggio, è poi la società, in cui anche le parrocchie sono comprese, ad essere eticamente traballante. Ecco perché agire, educare, formare i giovani è la corsia preferenziale per avere famiglie evangelizzatrici: saranno quelle fondate da quegli stessi giovani.
ESISTE UN COORDINAMENTO TRA LE PROPOSTE PARROCCHIALI E QUELLE VICARIALI E DIOCESANE?
Limitando il ragionamento all’ambito giovanile, il CPP è nuovamente unanime per questa risposta: molto poco.
L’unica realtà pastorale giovanile presente è l’Azione Cattolica. Ciò è dovuto alle ridotte dimensioni della Parrocchia, all’alta percentuale di persone coinvolte nell’AC e alla presenza di altre realtà amiche (ad esempio l’AGESCI) nelle parrocchie limitrofe. Sta tentando di emergere la realtà NOI che potrebbe essere un valido ampliamento dello spettro giovane destinatario.
Tutto ciò detto per rilevare che le proposte di pastorale giovanile ai tre livelli (diocesano, vicariale, parrocchiale) non sono coordinate a causa di una presenza scarna e confusa di una Pastorale Giovanile. Limitando la riflessione all’AC, il coordinamento manca per una storica indipendenza di proposte nel secondo livello, quello vicariale.
Si ritiene utile suggerire l’educazione ad un sistema di programmazione che parta dal livello diocesano e generale di pastorale per arrivare via via ai vicariati e poi alle parrocchie in tutte le realtà presenti.
2. Strumenti e obiettivi
NEL CPP SONO RAPPRESENTATI I GIOVANI?
No, sono rappresentati dei giovani, quelli che rappresentano la realtà pastorale d’appartenenza (AC, coro, NOI) e il segretario del CPP. Quindi solo una parte del mondo giovanile.
La loro presenza sommata a quella di adulti giovani dà una media d’età bassa, positiva anomalia per i CPP esistiti fin’ora ed è un’interessante svolta il fatto che essi abbiano accettato la responsabilità di un ruolo in CPP.
ESISTONO SPAZI D’ASCOLTO PER I GIOVANI IN PARROCCHIA?
Gli spazi, più o meno ufficiali, esistono, ma solo in parte.
L’Azione Cattolica parrocchiale è spazio per una parte degli adolescenti (Giovanissimi) e lo è indirettamente per una parte dei Giovani (perché sa indicare le esperienze extra-parrocchiali dove quest’ascolto può avvenire).
Spazi d’ascolto non ufficiali possono definirsi il bar del circolo NOI, luogo in cui può avvenire una chiacchierata con la persona giusta (ex-animati che avvicinano i loro ex-animatori), oppure l’ambito del coro giovanile (l’esperienza condivisa getta ponti per l’ascolto e la relazione).
Altro spazio d’ascolto era il precedente parroco, molto disponibile ai confronti personali. Disponibilità augurabile al nuovo parroco, una volta superata l’iniziale fase di conoscenza reciproca.
C’è da chiedersi se per gli altri giovani, quelli esterni alla parrocchia, sia la Parrocchia stessa a dover offrire questo genere di spazi o le realtà laiche sociali. Sicuramente essa deve esser pronta ad accoglierne l’avvicinamento spontaneo.
ESISTONO LUOGHI E MOMENTI AGGREGATIVI, FORMATIVI, DI SPIRITUALITA’ PENSATI APPOSTA PER I GIOVANI?
Nella Parrocchia e, un po’ più ampiamente in paese, gli ambiti dedicati ai giovani sono un buon numero.
L’Azione Cattolica Giovani è l’unica realtà a contenere tutti i tre ambiti sovracitati. Essa coinvolge molti degli adolescenti presenti in paese e li avvicina alla parrocchia offrendo formazione, spiritualità, usando anche tecniche aggregative. La strategia nei confronti dei giovani è, invece, diversa: consapevole della debolezza di una formazione autosufficiente, l’ACG indirizza i giovani impegnati con essa a percorsi extra-parrocchiali. Si tralasciano qui i dettagli dei cammini associativi realizzati, affini alle indicazioni diocesane e proposti talvolta con originalità. L’AC ha fin’ora adempiuto agli ambiti spirituali e formativi giovanili parrocchiali.
Esiste un coro composto prevalentemente da giovani, che anima le liturgie meno classiche. Esso è luogo di aggregazione, di servizio e, anche se indirettamente, di formazione liturgica.
Il circolo NOI, supportato dalle nuove strutture, sta cercando metodi per coinvolgere quei giovani poco interessati ad esperienze spirituali esplicite. Esso è la realtà parrocchiale più indicata per arrivare alla quasi totalità dei giovani. Ha già all’attivo qualche proposta realizzata per coniugare sport, cultura e svago con lo stile cristiano. Si ritiene sia la realtà NOI il futuro parrocchiale, cioè quella con il più ampio margine di sviluppo, sia per la recentissima storia che per metodica d’approccio al giovane.
Al di fuori della pastorale, ma in stretta collaborazione parrocchiale, è opportuno citare la pro-loco. Essa è luogo d’aggregazione, quasi casuale, di tante tipologie di giovani che scelgono un impegno non vincolato da tempi e programmi; la pro-loco permette a tutti di offrire servizio nel momento delle sue manifestazioni, tentando di far vivere un impegno con maggior respiro.
Il CPP pone evidenza sull’assenza di realtà minori che possano offrire spazio di espressione ai giovani meno portati ai confini delle associazioni: si citano compagnie teatrali, gruppi musicali, compagini culturali, ambiti missionari (ad esempio Operazione Mato Grosso).
3. Quali giovani?
I GIOVANI PRESENTI IN PARROCCHIA: CHI SONO?
Incerto se rimandare alle domande precedenti oppure allegare una lista di nomi e cognomi, il CPP rileva che i giovani presenti sono quasi completamente quelli impegnati col servizio.
E’ presente qualche eccezione, cioè persone partecipanti alle messe domenicali. Costoro hanno una famiglia e una storia personale formata in parrocchia.
Altra considerazione il fatto che fino ad un paio d’anni fa, i giovani impegnati erano gli stessi in tutte le sfere di servizio. Ora ciò si va via via differenziando, con giovani che scelgono ambiti diversi.
ESISTONO GRUPPI GIOVANILI PARROCCHIALI? CI SONO CAPI SCOUT, ANIMATORI, ANIMATORI DI AC?
Questa volta il CPP non esita: rimanda alle risposte precedenti!
COME CI SENTIAMO APERTI AI GIOVANI EMARGINATI, INDIFFERENTI, CREDENTI NON IMPEGNATI E COME CI STIAMO MUOVENDO VERSO DI LORO?
Il CPP è immobile. Le buone intenzioni di ognuno, non coprono il fatto che l’argomento non viene mai trattato, la domanda non viene mai posta. L’ambito parrocchia sembra riflettere la tendenza della Chiesa, che solo con adunate oceaniche e poco altro, affronta l’argomento.
Da sottolineare, però, che le forze sono già impegnate ed esaurite negli ambiti parrocchiali. Ritorna quindi la domanda già posta in precedenza, cioè se è la Parrocchia a dover offrire coinvolgimento ai giovani ad essa più lontani. Un suggerimento può essere la cooperazione con le realtà sociali quali il Comune, le associazioni sportive e quelle culturali. Il rapporto Parrocchia-Pro, in questo senso, è un inconsapevole inizio.
ALTRE OSSERVAZIONI
Questa verifica si è rilevata importante per illuminare finalmente l’antro ombroso della Pastorale Giovanile. Alla proposta del Sinodo, questo va dato atto.
Inoltre, un grosso interrogativo, persino provocatorio, è sorto; le buone proposte e le buone intenzioni esibite ai Giovani dalla Chiesa, vengono troppo spesso eliminate dall’atteggiamento della Chiesa stessa che si proclama accogliente ma si rivela ostica nelle varie congiunture della vita: riuscirà l’esperienza di questo Sinodo a far sostenere alla Chiesa locale uno spirito critico tale da accettare, per poi far evolvere, letture ad essa sfavorevoli?
TORNA AD ACSTOMIO
COME, GENERALMENTE, VIENE CONSIDERATO IL MONDO GIOVANILE NELLA NOSTRA PARROCCHIA?
Catalogare il mondo giovanile in un’unica e uniforme risposta, non è pratica realizzabile. Il Consiglio Pastorale in questione, infatti, assemblaggio delle più varie estrazioni esperienziali e generazionali, non può avere un’unica visione del mondo giovanile.
Capovolgendo, però, tale considerazione si scopre un altro sentore: è lo stesso mondo giovanile ad essere vario e soggetto alle più molteplici sfumature esistenziali che non permettono di riconoscerlo. Rinchiuderlo in un’unica definizione vorrebbe dire privarlo della sua ricchezza, della sua energia, della sua versatilità, della sua sensibilità; vorrebbe dire inaridirlo mentre arido non è.
La prima delle poche cose comuni espresse è l’ampia definizione in cui far rientrare i “giovani”: dovrebbero essere quelle persone che vivono gli anni in cui prendere coscienza delle proprie responsabilità.
Sviluppando questo concetto ci si accorge curiosamente che ogni componente del CPP sa decisamente definire le caratteristiche appartenenti ai giovani, ma ben pochi consiglieri vi assegnino le stesse. Ed inoltre, esse sono estreme, mai mediocri. Se il mondo giovanile lascia vedere tali differenze, se ne può rilevare il patrimonio.
Il CPP vede, quindi, queste contrapposizioni: un giovane è irresponsabile, poco impegnato, dipendente da troppi fattori, suscettibile, variabile a seconda dell’ambiente. Ma esso racchiude un germoglio positivo di freschezza, il giovane non è mai pago, essi sono “possibilità”.
La seconda e fondamentale idea comune nell’ambito del CPP è che non si può parlare di mondo giovanile senza tirare in ballo il mondo cronologicamente successivo: gli adulti. E’ emersa in modo preponderante l’influenza che “i grandi” hanno sul giovane. Non si legga qui solo l’ambito genitoriale, ma una vera e propria esistenza giovanile che sembra solo il riflesso dell’agire adulto.
I giovani non si assumono responsabilità ma perché gli adulti li viziano.
I giovani disturbano ma perché la loro energia inquieta l’equilibrio adulto.
I giovani non si aprono agli adulti, ma perché gli adulti non li ascoltano.
I giovani sono, banalmente, tutto ciò che per età o esperienza, è inferiore agli adulti.
I giovani non occupano ruoli chiave del mondo perché non sono intraprendenti, ma anche perché gli adulti o sono “grandi vecchi”, o non liberano il ruolo chiave.
I giovani non hanno passioni, bloccandosi quindi le potenzialità, ma perché gli adulti non testimoniano l’essere appassionati.
Nell’intreccio giovani-adulti, però tre punti meritano una sottolineatura, perché considerati luoghi comuni mai smentiti, equivoci determinanti nel considerare il mondo giovanile:
· I giovani sono il futuro. Ma non si rileva mai che sono anche il presente.
· Tutti vengono interpellati sui giovani. Esclusi i giovani.
· I giovani vivono il famigerato “Disagio giovanile” o addirittura essi sono il “disagio”. Che non è mai però letto come prodotto del “Caos adulto”.
Si ritiene che gli adulti manifestino stanchezza nei confronti dei giovani e, perciò, rispondano combinando i loro bisogni invece di agire con l’educazione (cura blanda invece di prevenzione). Si precisa che tutto ciò non vuole essere una colpevolizzazione del mondo adulto, ma una rilevazione. Probabilmente la situazione attuale è dovuta al fatto che gli adulti provengono da una cultura “statica” ma in pochissimi anni si sono trovati catapultati in un mondo sin troppo “dinamico”, che produce questi giovani.
Probabilmente è giunto il momento di iniziare a dare una lettura composta dal mondo giovane e da quello adulto, non tenendoli più separati nelle analisi.
LA PARROCCHIA E’ IN GRADO DI PORTARE ALLA CONOSCENZA E ALL’INCONTRO CON CRISTO?
Dovrebbe.
Questa la parola che di riflesso tutti hanno sibilato alla promulgazione del quesito. E’ doveroso rilevare come questa domanda abbia provocato notevole convergenza di opinioni: è presente un’insoddisfazione comune sull’operato della Chiesa (nella domanda, infatti, è risultato subito limitante il termine “parrocchia” scegliendo di rispondere andando oltre la Chiesa locale). Ciò non sempre è compensato dalla forza di agire della componente laica per un miglioramento.
Infatti la Chiesa, in questo momento storico da intendersi soprattutto come Clero, si ritrova con la preoccupazione di inculcare Cristo e, per farlo, agisce molto tecnicamente e molto poco evangelicamente. Se ciò bastasse, la risposta alla domanda sarebbe un “sì” senza esitazioni, soprattutto verso quei giovani a cui riesce ad arrivare.
Invece, dovrebbe riconoscersi la responsabilità di non saper sempre esser testimonianza di Gesù con i fatti, l’esempio, le relazioni, l’accoglienza, il dono di sé, i sentimenti, l’educazione. Pare siano rimaste le regole cattoliche e sia molto offuscato il messaggio di Cristo.
Nel CPP si rileva il desiderio di un Cristo camuffato nella vita, piuttosto che un Cristo imposto a parole, a “questo si può fare” e a “questo non si deve fare”. La Chiesa non è più educatrice, formatrice di spiritualità e valorizzatrice di coscienze.
Queste considerazioni sono pesanti ma espressione del pensiero del CPP.
Che non si esula, però, dalle proprie responsabilità in merito: i laici si sentono, e forse sono, ancora troppo immaturi per sostenere e proclamare la misura evangelica, puntualmente delegata ai preti. Clero, però, che a sua volta tiene ben saldo il potere decisionale della Chiesa intera.
Riducendo geograficamente il discorso alla Parrocchia, è importante far notare come la presa di coscienza di una Chiesa più laicale, abbia ottenuto qualche risultato in ambito Azione Cattolica Giovani.
Infine, il CPP focalizza le basi per l’incontro e la conoscenza con Cristo all’interno della Famiglia: se essa per prima non si rinnova e diventa educatrice del messaggio, è poi la società, in cui anche le parrocchie sono comprese, ad essere eticamente traballante. Ecco perché agire, educare, formare i giovani è la corsia preferenziale per avere famiglie evangelizzatrici: saranno quelle fondate da quegli stessi giovani.
ESISTE UN COORDINAMENTO TRA LE PROPOSTE PARROCCHIALI E QUELLE VICARIALI E DIOCESANE?
Limitando il ragionamento all’ambito giovanile, il CPP è nuovamente unanime per questa risposta: molto poco.
L’unica realtà pastorale giovanile presente è l’Azione Cattolica. Ciò è dovuto alle ridotte dimensioni della Parrocchia, all’alta percentuale di persone coinvolte nell’AC e alla presenza di altre realtà amiche (ad esempio l’AGESCI) nelle parrocchie limitrofe. Sta tentando di emergere la realtà NOI che potrebbe essere un valido ampliamento dello spettro giovane destinatario.
Tutto ciò detto per rilevare che le proposte di pastorale giovanile ai tre livelli (diocesano, vicariale, parrocchiale) non sono coordinate a causa di una presenza scarna e confusa di una Pastorale Giovanile. Limitando la riflessione all’AC, il coordinamento manca per una storica indipendenza di proposte nel secondo livello, quello vicariale.
Si ritiene utile suggerire l’educazione ad un sistema di programmazione che parta dal livello diocesano e generale di pastorale per arrivare via via ai vicariati e poi alle parrocchie in tutte le realtà presenti.
2. Strumenti e obiettivi
NEL CPP SONO RAPPRESENTATI I GIOVANI?
No, sono rappresentati dei giovani, quelli che rappresentano la realtà pastorale d’appartenenza (AC, coro, NOI) e il segretario del CPP. Quindi solo una parte del mondo giovanile.
La loro presenza sommata a quella di adulti giovani dà una media d’età bassa, positiva anomalia per i CPP esistiti fin’ora ed è un’interessante svolta il fatto che essi abbiano accettato la responsabilità di un ruolo in CPP.
ESISTONO SPAZI D’ASCOLTO PER I GIOVANI IN PARROCCHIA?
Gli spazi, più o meno ufficiali, esistono, ma solo in parte.
L’Azione Cattolica parrocchiale è spazio per una parte degli adolescenti (Giovanissimi) e lo è indirettamente per una parte dei Giovani (perché sa indicare le esperienze extra-parrocchiali dove quest’ascolto può avvenire).
Spazi d’ascolto non ufficiali possono definirsi il bar del circolo NOI, luogo in cui può avvenire una chiacchierata con la persona giusta (ex-animati che avvicinano i loro ex-animatori), oppure l’ambito del coro giovanile (l’esperienza condivisa getta ponti per l’ascolto e la relazione).
Altro spazio d’ascolto era il precedente parroco, molto disponibile ai confronti personali. Disponibilità augurabile al nuovo parroco, una volta superata l’iniziale fase di conoscenza reciproca.
C’è da chiedersi se per gli altri giovani, quelli esterni alla parrocchia, sia la Parrocchia stessa a dover offrire questo genere di spazi o le realtà laiche sociali. Sicuramente essa deve esser pronta ad accoglierne l’avvicinamento spontaneo.
ESISTONO LUOGHI E MOMENTI AGGREGATIVI, FORMATIVI, DI SPIRITUALITA’ PENSATI APPOSTA PER I GIOVANI?
Nella Parrocchia e, un po’ più ampiamente in paese, gli ambiti dedicati ai giovani sono un buon numero.
L’Azione Cattolica Giovani è l’unica realtà a contenere tutti i tre ambiti sovracitati. Essa coinvolge molti degli adolescenti presenti in paese e li avvicina alla parrocchia offrendo formazione, spiritualità, usando anche tecniche aggregative. La strategia nei confronti dei giovani è, invece, diversa: consapevole della debolezza di una formazione autosufficiente, l’ACG indirizza i giovani impegnati con essa a percorsi extra-parrocchiali. Si tralasciano qui i dettagli dei cammini associativi realizzati, affini alle indicazioni diocesane e proposti talvolta con originalità. L’AC ha fin’ora adempiuto agli ambiti spirituali e formativi giovanili parrocchiali.
Esiste un coro composto prevalentemente da giovani, che anima le liturgie meno classiche. Esso è luogo di aggregazione, di servizio e, anche se indirettamente, di formazione liturgica.
Il circolo NOI, supportato dalle nuove strutture, sta cercando metodi per coinvolgere quei giovani poco interessati ad esperienze spirituali esplicite. Esso è la realtà parrocchiale più indicata per arrivare alla quasi totalità dei giovani. Ha già all’attivo qualche proposta realizzata per coniugare sport, cultura e svago con lo stile cristiano. Si ritiene sia la realtà NOI il futuro parrocchiale, cioè quella con il più ampio margine di sviluppo, sia per la recentissima storia che per metodica d’approccio al giovane.
Al di fuori della pastorale, ma in stretta collaborazione parrocchiale, è opportuno citare la pro-loco. Essa è luogo d’aggregazione, quasi casuale, di tante tipologie di giovani che scelgono un impegno non vincolato da tempi e programmi; la pro-loco permette a tutti di offrire servizio nel momento delle sue manifestazioni, tentando di far vivere un impegno con maggior respiro.
Il CPP pone evidenza sull’assenza di realtà minori che possano offrire spazio di espressione ai giovani meno portati ai confini delle associazioni: si citano compagnie teatrali, gruppi musicali, compagini culturali, ambiti missionari (ad esempio Operazione Mato Grosso).
3. Quali giovani?
I GIOVANI PRESENTI IN PARROCCHIA: CHI SONO?
Incerto se rimandare alle domande precedenti oppure allegare una lista di nomi e cognomi, il CPP rileva che i giovani presenti sono quasi completamente quelli impegnati col servizio.
E’ presente qualche eccezione, cioè persone partecipanti alle messe domenicali. Costoro hanno una famiglia e una storia personale formata in parrocchia.
Altra considerazione il fatto che fino ad un paio d’anni fa, i giovani impegnati erano gli stessi in tutte le sfere di servizio. Ora ciò si va via via differenziando, con giovani che scelgono ambiti diversi.
ESISTONO GRUPPI GIOVANILI PARROCCHIALI? CI SONO CAPI SCOUT, ANIMATORI, ANIMATORI DI AC?
Questa volta il CPP non esita: rimanda alle risposte precedenti!
COME CI SENTIAMO APERTI AI GIOVANI EMARGINATI, INDIFFERENTI, CREDENTI NON IMPEGNATI E COME CI STIAMO MUOVENDO VERSO DI LORO?
Il CPP è immobile. Le buone intenzioni di ognuno, non coprono il fatto che l’argomento non viene mai trattato, la domanda non viene mai posta. L’ambito parrocchia sembra riflettere la tendenza della Chiesa, che solo con adunate oceaniche e poco altro, affronta l’argomento.
Da sottolineare, però, che le forze sono già impegnate ed esaurite negli ambiti parrocchiali. Ritorna quindi la domanda già posta in precedenza, cioè se è la Parrocchia a dover offrire coinvolgimento ai giovani ad essa più lontani. Un suggerimento può essere la cooperazione con le realtà sociali quali il Comune, le associazioni sportive e quelle culturali. Il rapporto Parrocchia-Pro, in questo senso, è un inconsapevole inizio.
ALTRE OSSERVAZIONI
Questa verifica si è rilevata importante per illuminare finalmente l’antro ombroso della Pastorale Giovanile. Alla proposta del Sinodo, questo va dato atto.
Inoltre, un grosso interrogativo, persino provocatorio, è sorto; le buone proposte e le buone intenzioni esibite ai Giovani dalla Chiesa, vengono troppo spesso eliminate dall’atteggiamento della Chiesa stessa che si proclama accogliente ma si rivela ostica nelle varie congiunture della vita: riuscirà l’esperienza di questo Sinodo a far sostenere alla Chiesa locale uno spirito critico tale da accettare, per poi far evolvere, letture ad essa sfavorevoli?
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Dai questionari personali del Gruppo Educatori Animatori di Azione Cattolica ...
LA VITA DI OGNI GIORNO, LE SUE SFIDE, LE SUE OPPORTUNITA' ...
** La mia vita è simile ad un mosaico perché fatta con tessere importanti, più o meno ordinate tra loro. A volte corro il rischio che nel mosaico della mia vita ci sia qualche tesserina che non si posiziona ordinatamente. Ad un certo punto si crea cioè una certa confusione = casino = troppe cose da fare, che non capisco più niente e vado in tilt con me stesso. Lavoro troppo e poco tempo per il divertimento. La mia fede è in bilico e faccio fatica a rimetterla sul giusto piano.
** La mia vita assomiglia di più ad un mosaico, coloratissimo ma in certi tratti il colore sbiadisce, per lo più per stanchezza e mancanza di nuove idee. E’ vero che è molto difficile essere concreti quando si parla di fede; a volte, in modo particolare quando ci si espone direttamente con tante persone, ho la tendenza a fare silenzio.[…] La difficoltà più grande che trovo è l’indifferenza sociale nei giovani. La fede è un argomento che non entusiasma, che non invita ad un serio approccio.
** Ora, a differenza del passato, la mia vita assume la forma di un mosaico e desidero sempre più che sia così, nonostante non abbia sempre e ancora il coraggio necessario e la solidità nella fede.
A volte rischio di scoraggiarmi o faticare a vedere con speranza la realtà, e sperimento la solitudine.
** Beh, diciamo che sto cercando di trasformare la mia vita in un mosaico, anche se non è facile riuscire ad armonizzare ciò che si pensa e in cui si crede e le scelte quotidiane che sono chiamata a compiere.
La difficoltà maggiore, forse, è quella di “essere compresi” nelle scelte che si fanno da persone che, cristiane o meno, non capiscono i motivi di queste scelte e, a volte, nemmeno stanno ad ascoltare, etichettano e si girano dall’altra parte.
** Ho capito che si può trovare un equilibrio tra “divertimento” e “fede”, che uno non esclude l’altro, questo grazie a persone che condividono i miei valori e che hanno fatto delle esperienze di fede come me. Purtroppo molti giovani sono lontani da questo perché si fanno una idea sbagliata di cosa può voler dire vivere da cristiani.
** Il più delle volte mi sento piccola nella mia fede, nelle mie convinzioni, insicura, tante volte mi sento incapace di tradurre in parole quello che penso o quello che sento dentro e mi sento confusionaria. Alcune volte mi sento giudicata, e altre volte ho paura di esserlo. Sono convinta che questo deriva soprattutto dalla poca fiducia che ho nei miei confronti, e dalla profonda “libertà” che mi manca, che scaturisce dal coltivare dentro di sé questo dono grande della fede. Quindi il più delle volte questo mio desiderio di esprimere la mia fede si trasforma in paura che blocca.
** Fortunatamente ho una vita bella piena, ma a volte trovo difficoltà a vivere come io vorrei, cioè a Vivere bevendo ogni istante e gustandolo, sentire il suo gusto e anche il suo retrogusto. La maggior parte della mia giornata la trascorro dentro in azienda e penso sia impossibile non portare se stessi e il proprio credo, a meno che uno non se ne vergogni, ma che vergogna c’è nel cercare di Vivere invece di vivacchiare!?
IL SERVIZIO DI EDUCATORE E LA STORIA DEL MIO RAPPORTO CON CRISTO ...
** La spinta maggiore che ho avuto (a vivere il servizio) è stata la voglia di dimostrare a me stesso che ero in grado di fare qualcosa che non fosse praticamente materiale o con riscontro personale, ma fosse una gioia, sentimenti veri.
** Da qualche anno ho desiderato che tutta la mia vita, tutti gli ambienti della mia vita potessero esprimere anche coerentemente la mia fede, valore che ho scelto di porre al primo posto. Questo desiderio di vita secondo lo Spirito, mi porta a trovare e cercare persone e occasioni di formazione per essere sempre di più testimone credibile. Non è sempre stato semplice trovare sensibilità e attenzione per questi aspetti nemmeno negli ambienti parrocchiali, dove è necessario porsi con gradualità e realismo verso i diversi gradi di maturità nella fede dei giovani presenti.
** Ci sono alcune persone che con la loro semplicità e storia mi hanno dato stimoli in più per avvicinarmi al Signore con la preghiera. Gesù per me è un amico, che anche se silenzioso, so che se lo cerco lo trovo. In ruolo che ha nella mia vita è difficile da definire: riesce a coinvolgermi e darmi emozioni, ma a volte però non gli dò molta importanza.
** Sono diventata educatrice e ho voluto con tutte le mie forze diventarlo, innanzitutto perché l’AC mi ha fatto crescere e mi ha tenuta per mano, e io non volevo lasciarla perché mi sentivo in famiglia e sapevo che sarei cresciuta ancora come persona e nella fede.
** In questo momento Gesù per me è un rifugio, un luogo sicuro in cui so che troverò accoglienza, ma è anche un amico che sa ascoltare, solo che devo ancora imparare a chiamarlo ogni giorno per fare quattro chiacchiere e, a volte, ascoltare quello che Lui ha da dirmi non è facile, perché le Sue parole non lasciano mai indifferenti.
** Durante il mio cammino sono stata seguita da una guida spirituale, ora non più perché l’hanno spostata. Comunque esperienze come weekend, campiscuola, momenti di preghiera vengono sempre proposti dall’associazione.
Gesù è una persona che mi affascina tantissimo, una figura importante nella mia vita, soprattutto il suo messaggio, il suo esempio, la sua vita.
** Ho partecipato ad alcune proposte formative: campiscuola, GMG, veglie di preghiera, sichem. Sono esperienze molto belle, ma poi la cosa più difficile è portare la fede nella quotidianità e secondo me questo è più importante di mille esperienze.
** La risposta alla domanda “chi è Gesù?” penso sia frutto di un cammino continuo, che è sempre in trasformazione, per questo anche la risposta non è sempre la stessa. In questo momento Gesù è qualcuno a cui mi affido, soprattutto nei momenti nei quali la mia sola forza non basta e poi rappresenta il modello di educatore al quale bisognerebbe aspirare.
Purtroppo dedico poco tempo a Gesù, ma ciò non vuol dire che non sia una parte fondamentale della mia vita.
** Se dovessi spiegare in poche e semplici parole chi è Gesù per me, la prima cosa che direi è che è una persona che mi affascina un sacco, ma una persona anche che è tutta da scoprire con pazienza. Mi affascina nel modo di fare, nel modo di essere, nel modo di vivere ed affrontare la vita! Nel modo di donare la sua vita! Il mio rapporto con il Signore è una sorta di fiducia, difficile da coltivare e da mantenere, che soprattutto in alcuni momenti definisco cieca, perché non razionalmente fondata se non su idee, immagini, racconti e credenze.
** Penso di aver detto sì, ok (alla proposta di servizio) per svariati motivi sia per continuare quel cammino intrapreso in AC sia per cercare di ricambiare tutto ciò che mi è stato donato, sia pure per continuare ad essere presente in parrocchia, ma forse anche perché in un certo senso ormai c’ero “dentro” e quindi perché no!?! […] Gesù per me è quell’Amico di cui si ha ancora da conoscere molto, di cui si ha tanta voglia di conoscere e a cui stare vicino per chiedere, chiedere, chiedere.
I LEGAMI CON LA COMUNITA' CRISTIANA ...
** La celebrazione della Messa per la nostra parrocchia è un punto forte, è un modo per trovarci e cominciare una nuova settimana in fraternità con gioia e fede. Come esperienze extra sono entusiasta perché le definisco esperienze importanti (weekend di spiritualità!).
** In questo momento non gusto molto la celebrazione; sarà il cambio del parroco? Sarà che corro e non mi fermo a pensare?
** Da questo punto di vista, quello della collaborazione, sinergia e apertura tra gruppi penso ci sia da lavorare molto e tutti. Ne è l’esempio la S.Messa, momento in cui emergono le difficoltà ad essere “un cuore solo”. Per me è un appuntamento fondamentale anche se a volte percepisco un po’ di solitudine in questo mio entusiasmo.
** Sono contenta del servizio che faccio. Anche se con qualche difficoltà, cerco di essere presenza viva nella vita dei ragazzi, non pressante ma interessata. Gli incontri vengono programmati pensando semplicemente a loro, cercando comunque di puntare in alto per far sì che loro per primi si rendano conto di quanto possano essere veri cristiani nel loro mondo.
** Il mio servizio non è sempre facile, ma è una parte importante del mio stile e delle mie scelte di vita. Il rapporto con i ragazzi si basa sul gioco, sul divertimento, sulla comprensione. Sono contenta del rapporto che si sta creando con gli altri educatori, condividere del tempo assieme, oltre al servizio, serve molto per noi e per l’esempio ai ragazzi.
** Vivo anche in altri ambiti la Parola di Dio, in esperienze di servizio pratico dove riesco a vedere Dio nei volti dei bisognosi. […] La mia parrocchia è accogliente, ma tendenzialmente verso chi aderisce a particolari schemi. Secondo me si dovrebbe dare più spazio e fiducia a più gente.
** Piano piano è maturata in me e continua a maturare sempre di più la chiamata al servizio, al servizio in parrocchia, in associazione e quindi al servizio di quella piccola parte di Chiesa che mi è vicina. Il mio servizio di animazione mi permette di donare parte di me, parte del mio tempo, e di mettere a disposizione quelle capacità che ho e in qualche modo, attraverso questo, di passare quel poco di Gesù che conosco e che ho incontrato.
** Il servizio che svolgo con i ragazzi è impegnativo, ma lo ritengo una grande ricchezza. Mi sento talvolta limitata quando presa da altre cose lo vivo più come una cosa da preparare che un servizio che ho scelto e a cui sono chiamata. Con i ragazzi il rapporto si cerca di costruirlo insieme, passo dopo passo, cercando sempre più di comprendere ed entrare in loro.
** Penso che io sono una giovane parrocchiana fortunata a cui qualcuno ha insegnato che solo insieme possiamo costruire qualcosa per i giovani in comunità; nella parrocchia ci sono e non ci sono i giovani, più cha altro, purtroppo, ci sono sempre i soliti.
TORNA AD ACSTOMIO
** La mia vita è simile ad un mosaico perché fatta con tessere importanti, più o meno ordinate tra loro. A volte corro il rischio che nel mosaico della mia vita ci sia qualche tesserina che non si posiziona ordinatamente. Ad un certo punto si crea cioè una certa confusione = casino = troppe cose da fare, che non capisco più niente e vado in tilt con me stesso. Lavoro troppo e poco tempo per il divertimento. La mia fede è in bilico e faccio fatica a rimetterla sul giusto piano.
** La mia vita assomiglia di più ad un mosaico, coloratissimo ma in certi tratti il colore sbiadisce, per lo più per stanchezza e mancanza di nuove idee. E’ vero che è molto difficile essere concreti quando si parla di fede; a volte, in modo particolare quando ci si espone direttamente con tante persone, ho la tendenza a fare silenzio.[…] La difficoltà più grande che trovo è l’indifferenza sociale nei giovani. La fede è un argomento che non entusiasma, che non invita ad un serio approccio.
** Ora, a differenza del passato, la mia vita assume la forma di un mosaico e desidero sempre più che sia così, nonostante non abbia sempre e ancora il coraggio necessario e la solidità nella fede.
A volte rischio di scoraggiarmi o faticare a vedere con speranza la realtà, e sperimento la solitudine.
** Beh, diciamo che sto cercando di trasformare la mia vita in un mosaico, anche se non è facile riuscire ad armonizzare ciò che si pensa e in cui si crede e le scelte quotidiane che sono chiamata a compiere.
La difficoltà maggiore, forse, è quella di “essere compresi” nelle scelte che si fanno da persone che, cristiane o meno, non capiscono i motivi di queste scelte e, a volte, nemmeno stanno ad ascoltare, etichettano e si girano dall’altra parte.
** Ho capito che si può trovare un equilibrio tra “divertimento” e “fede”, che uno non esclude l’altro, questo grazie a persone che condividono i miei valori e che hanno fatto delle esperienze di fede come me. Purtroppo molti giovani sono lontani da questo perché si fanno una idea sbagliata di cosa può voler dire vivere da cristiani.
** Il più delle volte mi sento piccola nella mia fede, nelle mie convinzioni, insicura, tante volte mi sento incapace di tradurre in parole quello che penso o quello che sento dentro e mi sento confusionaria. Alcune volte mi sento giudicata, e altre volte ho paura di esserlo. Sono convinta che questo deriva soprattutto dalla poca fiducia che ho nei miei confronti, e dalla profonda “libertà” che mi manca, che scaturisce dal coltivare dentro di sé questo dono grande della fede. Quindi il più delle volte questo mio desiderio di esprimere la mia fede si trasforma in paura che blocca.
** Fortunatamente ho una vita bella piena, ma a volte trovo difficoltà a vivere come io vorrei, cioè a Vivere bevendo ogni istante e gustandolo, sentire il suo gusto e anche il suo retrogusto. La maggior parte della mia giornata la trascorro dentro in azienda e penso sia impossibile non portare se stessi e il proprio credo, a meno che uno non se ne vergogni, ma che vergogna c’è nel cercare di Vivere invece di vivacchiare!?
IL SERVIZIO DI EDUCATORE E LA STORIA DEL MIO RAPPORTO CON CRISTO ...
** La spinta maggiore che ho avuto (a vivere il servizio) è stata la voglia di dimostrare a me stesso che ero in grado di fare qualcosa che non fosse praticamente materiale o con riscontro personale, ma fosse una gioia, sentimenti veri.
** Da qualche anno ho desiderato che tutta la mia vita, tutti gli ambienti della mia vita potessero esprimere anche coerentemente la mia fede, valore che ho scelto di porre al primo posto. Questo desiderio di vita secondo lo Spirito, mi porta a trovare e cercare persone e occasioni di formazione per essere sempre di più testimone credibile. Non è sempre stato semplice trovare sensibilità e attenzione per questi aspetti nemmeno negli ambienti parrocchiali, dove è necessario porsi con gradualità e realismo verso i diversi gradi di maturità nella fede dei giovani presenti.
** Ci sono alcune persone che con la loro semplicità e storia mi hanno dato stimoli in più per avvicinarmi al Signore con la preghiera. Gesù per me è un amico, che anche se silenzioso, so che se lo cerco lo trovo. In ruolo che ha nella mia vita è difficile da definire: riesce a coinvolgermi e darmi emozioni, ma a volte però non gli dò molta importanza.
** Sono diventata educatrice e ho voluto con tutte le mie forze diventarlo, innanzitutto perché l’AC mi ha fatto crescere e mi ha tenuta per mano, e io non volevo lasciarla perché mi sentivo in famiglia e sapevo che sarei cresciuta ancora come persona e nella fede.
** In questo momento Gesù per me è un rifugio, un luogo sicuro in cui so che troverò accoglienza, ma è anche un amico che sa ascoltare, solo che devo ancora imparare a chiamarlo ogni giorno per fare quattro chiacchiere e, a volte, ascoltare quello che Lui ha da dirmi non è facile, perché le Sue parole non lasciano mai indifferenti.
** Durante il mio cammino sono stata seguita da una guida spirituale, ora non più perché l’hanno spostata. Comunque esperienze come weekend, campiscuola, momenti di preghiera vengono sempre proposti dall’associazione.
Gesù è una persona che mi affascina tantissimo, una figura importante nella mia vita, soprattutto il suo messaggio, il suo esempio, la sua vita.
** Ho partecipato ad alcune proposte formative: campiscuola, GMG, veglie di preghiera, sichem. Sono esperienze molto belle, ma poi la cosa più difficile è portare la fede nella quotidianità e secondo me questo è più importante di mille esperienze.
** La risposta alla domanda “chi è Gesù?” penso sia frutto di un cammino continuo, che è sempre in trasformazione, per questo anche la risposta non è sempre la stessa. In questo momento Gesù è qualcuno a cui mi affido, soprattutto nei momenti nei quali la mia sola forza non basta e poi rappresenta il modello di educatore al quale bisognerebbe aspirare.
Purtroppo dedico poco tempo a Gesù, ma ciò non vuol dire che non sia una parte fondamentale della mia vita.
** Se dovessi spiegare in poche e semplici parole chi è Gesù per me, la prima cosa che direi è che è una persona che mi affascina un sacco, ma una persona anche che è tutta da scoprire con pazienza. Mi affascina nel modo di fare, nel modo di essere, nel modo di vivere ed affrontare la vita! Nel modo di donare la sua vita! Il mio rapporto con il Signore è una sorta di fiducia, difficile da coltivare e da mantenere, che soprattutto in alcuni momenti definisco cieca, perché non razionalmente fondata se non su idee, immagini, racconti e credenze.
** Penso di aver detto sì, ok (alla proposta di servizio) per svariati motivi sia per continuare quel cammino intrapreso in AC sia per cercare di ricambiare tutto ciò che mi è stato donato, sia pure per continuare ad essere presente in parrocchia, ma forse anche perché in un certo senso ormai c’ero “dentro” e quindi perché no!?! […] Gesù per me è quell’Amico di cui si ha ancora da conoscere molto, di cui si ha tanta voglia di conoscere e a cui stare vicino per chiedere, chiedere, chiedere.
I LEGAMI CON LA COMUNITA' CRISTIANA ...
** La celebrazione della Messa per la nostra parrocchia è un punto forte, è un modo per trovarci e cominciare una nuova settimana in fraternità con gioia e fede. Come esperienze extra sono entusiasta perché le definisco esperienze importanti (weekend di spiritualità!).
** In questo momento non gusto molto la celebrazione; sarà il cambio del parroco? Sarà che corro e non mi fermo a pensare?
** Da questo punto di vista, quello della collaborazione, sinergia e apertura tra gruppi penso ci sia da lavorare molto e tutti. Ne è l’esempio la S.Messa, momento in cui emergono le difficoltà ad essere “un cuore solo”. Per me è un appuntamento fondamentale anche se a volte percepisco un po’ di solitudine in questo mio entusiasmo.
** Sono contenta del servizio che faccio. Anche se con qualche difficoltà, cerco di essere presenza viva nella vita dei ragazzi, non pressante ma interessata. Gli incontri vengono programmati pensando semplicemente a loro, cercando comunque di puntare in alto per far sì che loro per primi si rendano conto di quanto possano essere veri cristiani nel loro mondo.
** Il mio servizio non è sempre facile, ma è una parte importante del mio stile e delle mie scelte di vita. Il rapporto con i ragazzi si basa sul gioco, sul divertimento, sulla comprensione. Sono contenta del rapporto che si sta creando con gli altri educatori, condividere del tempo assieme, oltre al servizio, serve molto per noi e per l’esempio ai ragazzi.
** Vivo anche in altri ambiti la Parola di Dio, in esperienze di servizio pratico dove riesco a vedere Dio nei volti dei bisognosi. […] La mia parrocchia è accogliente, ma tendenzialmente verso chi aderisce a particolari schemi. Secondo me si dovrebbe dare più spazio e fiducia a più gente.
** Piano piano è maturata in me e continua a maturare sempre di più la chiamata al servizio, al servizio in parrocchia, in associazione e quindi al servizio di quella piccola parte di Chiesa che mi è vicina. Il mio servizio di animazione mi permette di donare parte di me, parte del mio tempo, e di mettere a disposizione quelle capacità che ho e in qualche modo, attraverso questo, di passare quel poco di Gesù che conosco e che ho incontrato.
** Il servizio che svolgo con i ragazzi è impegnativo, ma lo ritengo una grande ricchezza. Mi sento talvolta limitata quando presa da altre cose lo vivo più come una cosa da preparare che un servizio che ho scelto e a cui sono chiamata. Con i ragazzi il rapporto si cerca di costruirlo insieme, passo dopo passo, cercando sempre più di comprendere ed entrare in loro.
** Penso che io sono una giovane parrocchiana fortunata a cui qualcuno ha insegnato che solo insieme possiamo costruire qualcosa per i giovani in comunità; nella parrocchia ci sono e non ci sono i giovani, più cha altro, purtroppo, ci sono sempre i soliti.
TORNA AD ACSTOMIO
I legami con la comunità cristiana ...
** La celebrazione della Messa per la nostra parrocchia è un punto forte, è un modo per trovarci e cominciare una nuova settimana in fraternità con gioia e fede. Come esperienze extra sono entusiasta perché le definisco esperienze importanti (weekend di spiritualità!). **
** In questo momento non gusto molto la celebrazione; sarà il cambio del parroco? Sarà che corro e non mi fermo a pensare? **
** Da questo punto di vista, quello della collaborazione, sinergia e apertura tra gruppi penso ci sia da lavorare molto e tutti. Ne è l’esempio la S.Messa, momento in cui emergono le difficoltà ad essere “un cuore solo”. Per me è un appuntamento fondamentale anche se a volte percepisco un po’ di solitudine in questo mio entusiasmo. **
** Sono contenta del servizio che faccio. Anche se con qualche difficoltà, cerco di essere presenza viva nella vita dei ragazzi, non pressante ma interessata. Gli incontri vengono programmati pensando semplicemente a loro, cercando comunque di puntare in alto per far sì che loro per primi si rendano conto di quanto possano essere veri cristiani nel loro mondo. **
** Il mio servizio non è sempre facile, ma è una parte importante del mio stile e delle mie scelte di vita. Il rapporto con i ragazzi si basa sul gioco, sul divertimento, sulla comprensione. Sono contenta del rapporto che si sta creando con gli altri educatori, condividere del tempo assieme, oltre al servizio, serve molto per noi e per l’esempio ai ragazzi. **
** Vivo anche in altri ambiti la Parola di Dio, in esperienze di servizio pratico dove riesco a vedere Dio nei volti dei bisognosi. […] La mia parrocchia è accogliente, ma tendenzialmente verso chi aderisce a particolari schemi. Secondo me si dovrebbe dare più spazio e fiducia a più gente. **
** Piano piano è maturata in me e continua a maturare sempre di più la chiamata al servizio, al servizio in parrocchia, in associazione e quindi al servizio di quella piccola parte di Chiesa che mi è vicina. Il mio servizio di animazione mi permette di donare parte di me, parte del mio tempo, e di mettere a disposizione quelle capacità che ho e in qualche modo, attraverso questo, di passare quel poco di Gesù che conosco e che ho incontrato. **
** Il servizio che svolgo con i ragazzi è impegnativo, ma lo ritengo una grande ricchezza. Mi sento talvolta limitata quando presa da altre cose lo vivo più come una cosa da preparare che un servizio che ho scelto e a cui sono chiamata. Con i ragazzi il rapporto si cerca di costruirlo insieme, passo dopo passo, cercando sempre più di comprendere ed entrare in loro. **
** Penso che io sono una giovane parrocchiana fortunata a cui qualcuno ha insegnato che solo insieme possiamo costruire qualcosa per i giovani in comunità; nella parrocchia ci sono e non ci sono i giovani, più cha altro, purtroppo, ci sono sempre i soliti. **
** In questo momento non gusto molto la celebrazione; sarà il cambio del parroco? Sarà che corro e non mi fermo a pensare? **
** Da questo punto di vista, quello della collaborazione, sinergia e apertura tra gruppi penso ci sia da lavorare molto e tutti. Ne è l’esempio la S.Messa, momento in cui emergono le difficoltà ad essere “un cuore solo”. Per me è un appuntamento fondamentale anche se a volte percepisco un po’ di solitudine in questo mio entusiasmo. **
** Sono contenta del servizio che faccio. Anche se con qualche difficoltà, cerco di essere presenza viva nella vita dei ragazzi, non pressante ma interessata. Gli incontri vengono programmati pensando semplicemente a loro, cercando comunque di puntare in alto per far sì che loro per primi si rendano conto di quanto possano essere veri cristiani nel loro mondo. **
** Il mio servizio non è sempre facile, ma è una parte importante del mio stile e delle mie scelte di vita. Il rapporto con i ragazzi si basa sul gioco, sul divertimento, sulla comprensione. Sono contenta del rapporto che si sta creando con gli altri educatori, condividere del tempo assieme, oltre al servizio, serve molto per noi e per l’esempio ai ragazzi. **
** Vivo anche in altri ambiti la Parola di Dio, in esperienze di servizio pratico dove riesco a vedere Dio nei volti dei bisognosi. […] La mia parrocchia è accogliente, ma tendenzialmente verso chi aderisce a particolari schemi. Secondo me si dovrebbe dare più spazio e fiducia a più gente. **
** Piano piano è maturata in me e continua a maturare sempre di più la chiamata al servizio, al servizio in parrocchia, in associazione e quindi al servizio di quella piccola parte di Chiesa che mi è vicina. Il mio servizio di animazione mi permette di donare parte di me, parte del mio tempo, e di mettere a disposizione quelle capacità che ho e in qualche modo, attraverso questo, di passare quel poco di Gesù che conosco e che ho incontrato. **
** Il servizio che svolgo con i ragazzi è impegnativo, ma lo ritengo una grande ricchezza. Mi sento talvolta limitata quando presa da altre cose lo vivo più come una cosa da preparare che un servizio che ho scelto e a cui sono chiamata. Con i ragazzi il rapporto si cerca di costruirlo insieme, passo dopo passo, cercando sempre più di comprendere ed entrare in loro. **
** Penso che io sono una giovane parrocchiana fortunata a cui qualcuno ha insegnato che solo insieme possiamo costruire qualcosa per i giovani in comunità; nella parrocchia ci sono e non ci sono i giovani, più cha altro, purtroppo, ci sono sempre i soliti. **
Il servizio di educatore e le storia del mio rapporto con Cristo ...
** La spinta maggiore che ho avuto (a vivere il servizio) è stata la voglia di dimostrare a me stesso che ero in grado di fare qualcosa che non fosse praticamente materiale o con riscontro personale, ma fosse una gioia, sentimenti veri. **
** Da qualche anno ho desiderato che tutta la mia vita, tutti gli ambienti della mia vita potessero esprimere anche coerentemente la mia fede, valore che ho scelto di porre al primo posto. Questo desiderio di vita secondo lo Spirito, mi porta a trovare e cercare persone e occasioni di formazione per essere sempre di più testimone credibile. Non è sempre stato semplice trovare sensibilità e attenzione per questi aspetti nemmeno negli ambienti parrocchiali, dove è necessario porsi con gradualità e realismo verso i diversi gradi di maturità nella fede dei giovani presenti. **
** Ci sono alcune persone che con la loro semplicità e storia mi hanno dato stimoli in più per avvicinarmi al Signore con la preghiera. Gesù per me è un amico, che anche se silenzioso, so che se lo cerco lo trovo. In ruolo che ha nella mia vita è difficile da definire: riesce a coinvolgermi e darmi emozioni, ma a volte però non gli do molta importanza. **
** Sono diventata educatrice e ho voluto con tutte le mie forze diventarlo, innanzitutto perché l’AC mi ha fatto crescere e mi ha tenuta per mano, e io non volevo lasciarla perché mi sentivo in famiglia e sapevo che sarei cresciuta ancora come persona e nella fede. **
** In questo momento Gesù per me è un rifugio, un luogo sicuro in cui so che troverò accoglienza, ma è anche un amico che sa ascoltare, solo che devo ancora imparare a chiamarlo ogni giorno per fare quattro chiacchiere e, a volte, ascoltare quello che Lui ha da dirmi non è facile, perché le Sue parole non lasciano mai indifferenti. **
** Durante il mio cammino sono stata seguita da una guida spirituale, ora non più perché l’hanno spostata. Comunque esperienze come weekend, capiscuola, momenti di preghiera vengono sempre proposti dall’associazione.
Gesù è una persona che mi affascina tantissimo, una figura importante nella mia vita, soprattutto il suo messaggio, il suo esempio, la sua vita. **
** Ho partecipato ad alcune proposte formative: capiscuola, GMG, veglie di preghiera, sichem. Sono esperienze molto belle, ma poi la cosa più difficile è portare la fede nella quotidianità e secondo me questo è più importante di mille esperienze. **
** La risposta alla domanda “chi è Gesù?” penso sia frutto di un cammino continuo, che è sempre in trasformazione, per questo anche la risposta non è sempre la stessa. In questo momento Gesù è qualcuno a cui mi affido, soprattutto nei momenti nei quali la mia sola forza non basta e poi rappresenta il modello di educatore al quale bisognerebbe aspirare.
Purtroppo dedico poco tempo a Gesù, ma ciò non vuol dire che non sia una parte fondamentale della mia vita. **
** Se dovessi spiegare in poche e semplici parole chi è Gesù per me, la prima cosa che direi è che è una persona che mi affascina un sacco, ma una persona anche che è tutta da scoprire con pazienza. Mi affascina nel modo di fare, nel modo di essere, nel modo di vivere ed affrontare la vita! Nel modo di donare la sua vita! Il mio rapporto con il Signore è una sorta di fiducia, difficile da coltivare e da mantenere, che soprattutto in alcuni momenti definisco cieca, perché non razionalmente fondata se non su idee, immagini, racconti e credenze. **
** Penso di aver detto sì, ok (alla proposta di servizio) per svariati motivi sia per continuare quel cammino intrapreso in AC sia per cercare di ricambiare tutto ciò che mi è stato donato, sia pure per continuare ad essere presente in parrocchia, ma forse anche perché in un certo senso ormai c’ero “dentro” e quindi perché no!?! […] Gesù per me è quell’Amico di cui si ha ancora da conoscere molto, di cui si ha tanta voglia di conoscere e a cui stare vicino per chiedere, chiedere, chiedere. **
** Da qualche anno ho desiderato che tutta la mia vita, tutti gli ambienti della mia vita potessero esprimere anche coerentemente la mia fede, valore che ho scelto di porre al primo posto. Questo desiderio di vita secondo lo Spirito, mi porta a trovare e cercare persone e occasioni di formazione per essere sempre di più testimone credibile. Non è sempre stato semplice trovare sensibilità e attenzione per questi aspetti nemmeno negli ambienti parrocchiali, dove è necessario porsi con gradualità e realismo verso i diversi gradi di maturità nella fede dei giovani presenti. **
** Ci sono alcune persone che con la loro semplicità e storia mi hanno dato stimoli in più per avvicinarmi al Signore con la preghiera. Gesù per me è un amico, che anche se silenzioso, so che se lo cerco lo trovo. In ruolo che ha nella mia vita è difficile da definire: riesce a coinvolgermi e darmi emozioni, ma a volte però non gli do molta importanza. **
** Sono diventata educatrice e ho voluto con tutte le mie forze diventarlo, innanzitutto perché l’AC mi ha fatto crescere e mi ha tenuta per mano, e io non volevo lasciarla perché mi sentivo in famiglia e sapevo che sarei cresciuta ancora come persona e nella fede. **
** In questo momento Gesù per me è un rifugio, un luogo sicuro in cui so che troverò accoglienza, ma è anche un amico che sa ascoltare, solo che devo ancora imparare a chiamarlo ogni giorno per fare quattro chiacchiere e, a volte, ascoltare quello che Lui ha da dirmi non è facile, perché le Sue parole non lasciano mai indifferenti. **
** Durante il mio cammino sono stata seguita da una guida spirituale, ora non più perché l’hanno spostata. Comunque esperienze come weekend, capiscuola, momenti di preghiera vengono sempre proposti dall’associazione.
Gesù è una persona che mi affascina tantissimo, una figura importante nella mia vita, soprattutto il suo messaggio, il suo esempio, la sua vita. **
** Ho partecipato ad alcune proposte formative: capiscuola, GMG, veglie di preghiera, sichem. Sono esperienze molto belle, ma poi la cosa più difficile è portare la fede nella quotidianità e secondo me questo è più importante di mille esperienze. **
** La risposta alla domanda “chi è Gesù?” penso sia frutto di un cammino continuo, che è sempre in trasformazione, per questo anche la risposta non è sempre la stessa. In questo momento Gesù è qualcuno a cui mi affido, soprattutto nei momenti nei quali la mia sola forza non basta e poi rappresenta il modello di educatore al quale bisognerebbe aspirare.
Purtroppo dedico poco tempo a Gesù, ma ciò non vuol dire che non sia una parte fondamentale della mia vita. **
** Se dovessi spiegare in poche e semplici parole chi è Gesù per me, la prima cosa che direi è che è una persona che mi affascina un sacco, ma una persona anche che è tutta da scoprire con pazienza. Mi affascina nel modo di fare, nel modo di essere, nel modo di vivere ed affrontare la vita! Nel modo di donare la sua vita! Il mio rapporto con il Signore è una sorta di fiducia, difficile da coltivare e da mantenere, che soprattutto in alcuni momenti definisco cieca, perché non razionalmente fondata se non su idee, immagini, racconti e credenze. **
** Penso di aver detto sì, ok (alla proposta di servizio) per svariati motivi sia per continuare quel cammino intrapreso in AC sia per cercare di ricambiare tutto ciò che mi è stato donato, sia pure per continuare ad essere presente in parrocchia, ma forse anche perché in un certo senso ormai c’ero “dentro” e quindi perché no!?! […] Gesù per me è quell’Amico di cui si ha ancora da conoscere molto, di cui si ha tanta voglia di conoscere e a cui stare vicino per chiedere, chiedere, chiedere. **
La vita di ogni giorno, le sue sfide, le sue opportunità ...
** La mia vita è simile ad un mosaico perché fatta con tessere importanti, più o meno ordinate tra loro. A volte corro il rischio che nel mosaico della mia vita ci sia qualche tesserina che non si posiziona ordinatamente. Ad un certo punto si crea cioè una certa confusione = casino = troppe cose da fare, che non capisco più niente e vado in tilt con me stesso. Lavoro troppo e poco tempo per il divertimento. La mia fede è in bilico e faccio fatica a rimetterla sul giusto piano. **
** La mia vita assomiglia di più ad un mosaico, coloratissimo ma in certi tratti il colore sbiadisce, per lo più per stanchezza e mancanza di nuove idee. E’ vero che è molto difficile essere concreti quando si parla di fede; a volte, in modo particolare quando ci si espone direttamente con tante persone, ho la tendenza a fare silenzio.[…] La difficoltà più grande che trovo è l’indifferenza sociale nei giovani. La fede è un argomento che non entusiasma, che non invita ad un serio approccio. **
** Ora, a differenza del passato, la mia vita assume la forma di un mosaico e desidero sempre più che sia così, nonostante non abbia sempre e ancora il coraggio necessario e la solidità nella fede. A volte rischio di scoraggiarmi o faticare a vedere con speranza la realtà, e sperimento la solitudine. **
** Beh, diciamo che sto cercando di trasformare la mia vita in un mosaico, anche se non è facile riuscire ad armonizzare ciò che si pensa e in cui si crede e le scelte quotidiane che sono chiamata a compiere.
La difficoltà maggiore, forse, è quella di “essere compresi” nelle scelte che si fanno da persone che, cristiane o meno, non capiscono i motivi di queste scelte e, a volte, nemmeno stanno ad ascoltare, etichettano e si girano dall’altra parte. **
** Ho capito che si può trovare un equilibrio tra “divertimento” e “fede”, che uno non esclude l’altro, questo grazie a persone che condividono i miei valori e che hanno fatto delle esperienze di fede come me. Purtroppo molti giovani sono lontani da questo perché si fanno una idea sbagliata di cosa può voler dire vivere da cristiani. **
** Il più delle volte mi sento piccola nella mia fede, nelle mie convinzioni, insicura, tante volte mi sento incapace di tradurre in parole quello che penso o quello che sento dentro e mi sento confusionaria. Alcune volte mi sento giudicata, e altre volte ho paura di esserlo. Sono convinta che questo deriva soprattutto dalla poca fiducia che ho nei miei confronti, e dalla profonda “libertà” che mi manca, che scaturisce dal coltivare dentro di sé questo dono grande della fede. Quindi il più delle volte questo mio desiderio di esprimere la mia fede si trasforma in paura che blocca. **
** Fortunatamente ho una vita bella piena, ma a volte trovo difficoltà a vivere come io vorrei, cioè a Vivere bevendo ogni istante e gustandolo, sentire il suo gusto e anche il suo retrogusto. La maggior parte della mia giornata la trascorro dentro in azienda e penso sia impossibile non portare se stessi e il proprio credo, a meno che uno non se ne vergogni, ma che vergogna c’è nel cercare di Vivere invece di vivacchiare!? **
** La mia vita assomiglia di più ad un mosaico, coloratissimo ma in certi tratti il colore sbiadisce, per lo più per stanchezza e mancanza di nuove idee. E’ vero che è molto difficile essere concreti quando si parla di fede; a volte, in modo particolare quando ci si espone direttamente con tante persone, ho la tendenza a fare silenzio.[…] La difficoltà più grande che trovo è l’indifferenza sociale nei giovani. La fede è un argomento che non entusiasma, che non invita ad un serio approccio. **
** Ora, a differenza del passato, la mia vita assume la forma di un mosaico e desidero sempre più che sia così, nonostante non abbia sempre e ancora il coraggio necessario e la solidità nella fede. A volte rischio di scoraggiarmi o faticare a vedere con speranza la realtà, e sperimento la solitudine. **
** Beh, diciamo che sto cercando di trasformare la mia vita in un mosaico, anche se non è facile riuscire ad armonizzare ciò che si pensa e in cui si crede e le scelte quotidiane che sono chiamata a compiere.
La difficoltà maggiore, forse, è quella di “essere compresi” nelle scelte che si fanno da persone che, cristiane o meno, non capiscono i motivi di queste scelte e, a volte, nemmeno stanno ad ascoltare, etichettano e si girano dall’altra parte. **
** Ho capito che si può trovare un equilibrio tra “divertimento” e “fede”, che uno non esclude l’altro, questo grazie a persone che condividono i miei valori e che hanno fatto delle esperienze di fede come me. Purtroppo molti giovani sono lontani da questo perché si fanno una idea sbagliata di cosa può voler dire vivere da cristiani. **
** Il più delle volte mi sento piccola nella mia fede, nelle mie convinzioni, insicura, tante volte mi sento incapace di tradurre in parole quello che penso o quello che sento dentro e mi sento confusionaria. Alcune volte mi sento giudicata, e altre volte ho paura di esserlo. Sono convinta che questo deriva soprattutto dalla poca fiducia che ho nei miei confronti, e dalla profonda “libertà” che mi manca, che scaturisce dal coltivare dentro di sé questo dono grande della fede. Quindi il più delle volte questo mio desiderio di esprimere la mia fede si trasforma in paura che blocca. **
** Fortunatamente ho una vita bella piena, ma a volte trovo difficoltà a vivere come io vorrei, cioè a Vivere bevendo ogni istante e gustandolo, sentire il suo gusto e anche il suo retrogusto. La maggior parte della mia giornata la trascorro dentro in azienda e penso sia impossibile non portare se stessi e il proprio credo, a meno che uno non se ne vergogni, ma che vergogna c’è nel cercare di Vivere invece di vivacchiare!? **
La parrocchia è in grado di portare a conoscenza e all'incontro con Cristo?
Dovrebbe.
Questa la parola che di riflesso tutti hanno sibilato alla promulgazione del quesito. E’ doveroso rilevare come questa domanda abbia provocato notevole convergenza di opinioni: è presente un’insoddisfazione comune sull’operato della Chiesa (nella domanda, infatti, è risultato subito limitante il termine “parrocchia” scegliendo di rispondere andando oltre la Chiesa locale). Ciò non sempre è compensato dalla forza di agire della componente laica per un miglioramento.
Infatti la Chiesa, in questo momento storico da intendersi soprattutto come Clero, si ritrova con la preoccupazione di inculcare Cristo e, per farlo, agisce molto tecnicamente e molto poco evangelicamente. Se ciò bastasse, la risposta alla domanda sarebbe un “sì” senza esitazioni, soprattutto verso quei giovani a cui riesce ad arrivare.
Invece, dovrebbe riconoscersi la responsabilità di non saper sempre esser testimonianza di Gesù con i fatti, l’esempio, le relazioni, l’accoglienza, il dono di sé, i sentimenti, l’educazione. Pare siano rimaste le regole cattoliche e sia molto offuscato il messaggio di Cristo.
Nel CPP si rileva il desiderio di un Cristo camuffato nella vita, piuttosto che un Cristo imposto a parole, a “questo si può fare” e a “questo non si deve fare”. La Chiesa non è più educatrice, formatrice di spiritualità e valorizzatrice di coscienze.
Queste considerazioni sono pesanti ma espressione del pensiero del CPP.
Che non si esula, però, dalle proprie responsabilità in merito: i laici si sentono, e forse sono, ancora troppo immaturi per sostenere e proclamare la misura evangelica, puntualmente delegata ai preti. Clero, però, che a sua volta tiene ben saldo il potere decisionale della Chiesa intera.
Riducendo geograficamente il discorso alla Parrocchia, è importante far notare come la presa di coscienza di una Chiesa più laicale, abbia ottenuto qualche risultato in ambito Azione Cattolica Giovani.
Infine, il CPP focalizza le basi per l’incontro e la conoscenza con Cristo all’interno della Famiglia: se essa per prima non si rinnova e diventa educatrice del messaggio, è poi la società, in cui anche le parrocchie sono comprese, ad essere eticamente traballante. Ecco perché agire, educare, formare i giovani è la corsia preferenziale per avere famiglie evangelizzatrici: saranno quelle fondate da quegli stessi giovani.
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Questa la parola che di riflesso tutti hanno sibilato alla promulgazione del quesito. E’ doveroso rilevare come questa domanda abbia provocato notevole convergenza di opinioni: è presente un’insoddisfazione comune sull’operato della Chiesa (nella domanda, infatti, è risultato subito limitante il termine “parrocchia” scegliendo di rispondere andando oltre la Chiesa locale). Ciò non sempre è compensato dalla forza di agire della componente laica per un miglioramento.
Infatti la Chiesa, in questo momento storico da intendersi soprattutto come Clero, si ritrova con la preoccupazione di inculcare Cristo e, per farlo, agisce molto tecnicamente e molto poco evangelicamente. Se ciò bastasse, la risposta alla domanda sarebbe un “sì” senza esitazioni, soprattutto verso quei giovani a cui riesce ad arrivare.
Invece, dovrebbe riconoscersi la responsabilità di non saper sempre esser testimonianza di Gesù con i fatti, l’esempio, le relazioni, l’accoglienza, il dono di sé, i sentimenti, l’educazione. Pare siano rimaste le regole cattoliche e sia molto offuscato il messaggio di Cristo.
Nel CPP si rileva il desiderio di un Cristo camuffato nella vita, piuttosto che un Cristo imposto a parole, a “questo si può fare” e a “questo non si deve fare”. La Chiesa non è più educatrice, formatrice di spiritualità e valorizzatrice di coscienze.
Queste considerazioni sono pesanti ma espressione del pensiero del CPP.
Che non si esula, però, dalle proprie responsabilità in merito: i laici si sentono, e forse sono, ancora troppo immaturi per sostenere e proclamare la misura evangelica, puntualmente delegata ai preti. Clero, però, che a sua volta tiene ben saldo il potere decisionale della Chiesa intera.
Riducendo geograficamente il discorso alla Parrocchia, è importante far notare come la presa di coscienza di una Chiesa più laicale, abbia ottenuto qualche risultato in ambito Azione Cattolica Giovani.
Infine, il CPP focalizza le basi per l’incontro e la conoscenza con Cristo all’interno della Famiglia: se essa per prima non si rinnova e diventa educatrice del messaggio, è poi la società, in cui anche le parrocchie sono comprese, ad essere eticamente traballante. Ecco perché agire, educare, formare i giovani è la corsia preferenziale per avere famiglie evangelizzatrici: saranno quelle fondate da quegli stessi giovani.
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Come, generalmente, viene considerato il mondo giovanile nella nostra parrocchia?
Catalogare il mondo giovanile in un’unica e uniforme risposta, non è pratica realizzabile. Il Consiglio Pastorale in questione, infatti, assemblaggio delle più varie estrazioni esperienziali e generazionali, non può avere un’unica visione del mondo giovanile.
Capovolgendo, però, tale considerazione si scopre un altro sentore: è lo stesso mondo giovanile ad essere vario e soggetto alle più molteplici sfumature esistenziali che non permettono di riconoscerlo. Rinchiuderlo in un’unica definizione vorrebbe dire privarlo della sua ricchezza, della sua energia, della sua versatilità, della sua sensibilità; vorrebbe dire inaridirlo mentre arido non è.
La prima delle poche cose comuni espresse è l’ampia definizione in cui far rientrare i “giovani”: dovrebbero essere quelle persone che vivono gli anni in cui prendere coscienza delle proprie responsabilità.
Sviluppando questo concetto ci si accorge curiosamente che ogni componente del CPP sa decisamente definire le caratteristiche appartenenti ai giovani, ma ben pochi consiglieri vi assegnino le stesse. Ed inoltre, esse sono estreme, mai mediocri. Se il mondo giovanile lascia vedere tali differenze, se ne può rilevare il patrimonio.
Il CPP vede, quindi, queste contrapposizioni: un giovane è irresponsabile, poco impegnato, dipendente da troppi fattori, suscettibile, variabile a seconda dell’ambiente. Ma esso racchiude un germoglio positivo di freschezza, il giovane non è mai pago, essi sono “possibilità”.
La seconda e fondamentale idea comune nell’ambito del CPP è che non si può parlare di mondo giovanile senza tirare in ballo il mondo cronologicamente successivo: gli adulti. E’ emersa in modo preponderante l’influenza che “i grandi” hanno sul giovane. Non si legga qui solo l’ambito genitoriale, ma una vera e propria esistenza giovanile che sembra solo il riflesso dell’agire adulto.
I giovani non si assumono responsabilità ma perché gli adulti li viziano.
I giovani disturbano ma perché la loro energia inquieta l’equilibrio adulto.
I giovani non si aprono agli adulti, ma perché gli adulti non li ascoltano.
I giovani sono, banalmente, tutto ciò che per età o esperienza, è inferiore agli adulti.
I giovani non occupano ruoli chiave del mondo perché non sono intraprendenti, ma anche perché gli adulti o sono “grandi vecchi”, o non liberano il ruolo chiave.
I giovani non hanno passioni, bloccandosi quindi le potenzialità, ma perché gli adulti non testimoniano l’essere appassionati.
Nell’intreccio giovani-adulti, però tre punti meritano una sottolineatura, perché considerati luoghi comuni mai smentiti, equivoci determinanti nel considerare il mondo giovanile:
· I giovani sono il futuro. Ma non si rileva mai che sono anche il presente.
· Tutti vengono interpellati sui giovani. Esclusi i giovani.
· I giovani vivono il famigerato “Disagio giovanile” o addirittura essi sono il “disagio”. Che non è mai però letto come prodotto del “Caos adulto”.
Si ritiene che gli adulti manifestino stanchezza nei confronti dei giovani e, perciò, rispondano combinando i loro bisogni invece di agire con l’educazione (cura blanda invece di prevenzione). Si precisa che tutto ciò non vuole essere una colpevolizzazione del mondo adulto, ma una rilevazione. Probabilmente la situazione attuale è dovuta al fatto che gli adulti provengono da una cultura “statica” ma in pochissimi anni si sono trovati catapultati in un mondo sin troppo “dinamico”, che produce questi giovani.
Probabilmente è giunto il momento di iniziare a dare una lettura composta dal mondo giovane e da quello adulto, non tenendoli più separati nelle analisi.
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Capovolgendo, però, tale considerazione si scopre un altro sentore: è lo stesso mondo giovanile ad essere vario e soggetto alle più molteplici sfumature esistenziali che non permettono di riconoscerlo. Rinchiuderlo in un’unica definizione vorrebbe dire privarlo della sua ricchezza, della sua energia, della sua versatilità, della sua sensibilità; vorrebbe dire inaridirlo mentre arido non è.
La prima delle poche cose comuni espresse è l’ampia definizione in cui far rientrare i “giovani”: dovrebbero essere quelle persone che vivono gli anni in cui prendere coscienza delle proprie responsabilità.
Sviluppando questo concetto ci si accorge curiosamente che ogni componente del CPP sa decisamente definire le caratteristiche appartenenti ai giovani, ma ben pochi consiglieri vi assegnino le stesse. Ed inoltre, esse sono estreme, mai mediocri. Se il mondo giovanile lascia vedere tali differenze, se ne può rilevare il patrimonio.
Il CPP vede, quindi, queste contrapposizioni: un giovane è irresponsabile, poco impegnato, dipendente da troppi fattori, suscettibile, variabile a seconda dell’ambiente. Ma esso racchiude un germoglio positivo di freschezza, il giovane non è mai pago, essi sono “possibilità”.
La seconda e fondamentale idea comune nell’ambito del CPP è che non si può parlare di mondo giovanile senza tirare in ballo il mondo cronologicamente successivo: gli adulti. E’ emersa in modo preponderante l’influenza che “i grandi” hanno sul giovane. Non si legga qui solo l’ambito genitoriale, ma una vera e propria esistenza giovanile che sembra solo il riflesso dell’agire adulto.
I giovani non si assumono responsabilità ma perché gli adulti li viziano.
I giovani disturbano ma perché la loro energia inquieta l’equilibrio adulto.
I giovani non si aprono agli adulti, ma perché gli adulti non li ascoltano.
I giovani sono, banalmente, tutto ciò che per età o esperienza, è inferiore agli adulti.
I giovani non occupano ruoli chiave del mondo perché non sono intraprendenti, ma anche perché gli adulti o sono “grandi vecchi”, o non liberano il ruolo chiave.
I giovani non hanno passioni, bloccandosi quindi le potenzialità, ma perché gli adulti non testimoniano l’essere appassionati.
Nell’intreccio giovani-adulti, però tre punti meritano una sottolineatura, perché considerati luoghi comuni mai smentiti, equivoci determinanti nel considerare il mondo giovanile:
· I giovani sono il futuro. Ma non si rileva mai che sono anche il presente.
· Tutti vengono interpellati sui giovani. Esclusi i giovani.
· I giovani vivono il famigerato “Disagio giovanile” o addirittura essi sono il “disagio”. Che non è mai però letto come prodotto del “Caos adulto”.
Si ritiene che gli adulti manifestino stanchezza nei confronti dei giovani e, perciò, rispondano combinando i loro bisogni invece di agire con l’educazione (cura blanda invece di prevenzione). Si precisa che tutto ciò non vuole essere una colpevolizzazione del mondo adulto, ma una rilevazione. Probabilmente la situazione attuale è dovuta al fatto che gli adulti provengono da una cultura “statica” ma in pochissimi anni si sono trovati catapultati in un mondo sin troppo “dinamico”, che produce questi giovani.
Probabilmente è giunto il momento di iniziare a dare una lettura composta dal mondo giovane e da quello adulto, non tenendoli più separati nelle analisi.
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